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Rifugio Fratelli Garbari ai 12 Apostoli Il sentiero più comune, più frequentato è forse quello che parte dalla Val di Nardìs (Lago asciutto) e s’inerpica fin sotto ad una serie di salti rocciosi per procedere poi a zig zag fino alla Scala Santa, nome dato a un tratto un po’ impegnativo, per altro attrezzato. Da lì si prosegue per ghiaioni e gradoni fino al rifugio. L’imboccatura del sentiero in Val Nardìs è raggiungibile: da Sant’Antonio di Mavignola (dove si prende la via diretta in Val Brenta, per poi risalire la Val d’Agola e di qui portarsi al Lago asciutto); dal Dòss del Sabión per chi sale in funivia da Pinzolo, da malga Bandalórs per chi venisse da Giustino, e da malga Movlìna (famosa per l’antico duello) per quanti si trovassero in Val d’Algone. Da questi tre luoghi occorre anzitutto arrivare al passo di Movlìna - (che si raggiunge scendendo dal Dòss del Sabión lungo il segnavia n.357, salendo da malga Bandalórs per il n.307 o venendo dentro piani da malga Movlìna per il sentiero n.333 fino a incrociare gli altri due) - e proseguire lungo il sentiero che taglia il versante settentrionale della Pala dei mughi fino a sboccare nel Lago asciutto in Val Nardìs. In circa tre ore dal Dòss, o dalle due malghe di Movlìna e di Bandalórs si è al rifugio a 2487 m. Si ricorda che l’ultima domenica di luglio le strade forestali che portano a malga Movlina e a malga di Valagola saranno aperte a tutti. info: www.salvaterra.biz
Venne inaugurata e benedetta nel 1952 in memoria di tre amici scomparsi in un crepaccio sulla Vedretta dei Camosci e di tutti coloro che la Montagna ha voluto ed avrebbe voluto in futuro prendere con sé. Verso la fine di luglio del 1950 quattro giovani sui vent’anni, Vittorio, Giuseppe, Maria Rita e Mauretta diretti dai XII Apostoli al rifugio Brentei scivolarono sul ghiaccio alla Vedretta dei Camosci e precipitarono in un crepaccio profondo una decina di metri. La sola Mauretta si salvò, recuperata tre giorni dopo la disgrazia. La tragedia ebbe un’eco profonda, specie nell’ambiente trentino ed univeristario. Così nacque l’idea di ricordarli con una chiesetta, lassù, da dove avevano spiccato il volo verso il Cielo. Un comitato formato da umili montanari, da sacerdoti e da illustri personalità raccolse i fondi necessari per realizzarla e cominciarono i lavori. La fantasia di don Bruno Nicolini guidò la mano del geometra Leone Collini che progettò un’opera originalissima, un sogno. I lavori iniziarono alla fine di luglio del 1952 e furono ultimati a settembre. Vennero asportati dal cuore della Cima dei XII Apostoli 500 mc di materiale e poco a poco si aprì la grande finestra a forma di croce, larga 8 metri e alta 9, in fondo alla caverna che costituisce il corpo della chiesa. Fu inaugurata e benedetta il 28 di settembre, con una cerimonia toccante. All’interno si trovano le targhe di tanti alpinisti caduti. Vengono aggiornate ogni anno con nuove croci, in occasione del pellegrinaggio che l’ultima domenica di luglio porta lassù il popolo della montagna e il coro della Sosat. Maria Salvaterra, la nonna del Brenta, le ha custodite per una vita, accendendo i lumini e recitando un requiem per tutti. Ora lì dentro c’è anche la sua targa. Ed a metterle davanti un fiore ci pensa Ermanno, suo nipote.
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